Ha suscitato un’ondata di proteste e preoccupazioni tra gli utenti, il cambiamento della politica sulla privacy di WhatsApp. Dal 15 maggio 2021 un messaggio richiede l’adesione a condividere le informazioni personali con Facebook e le altre società del gruppo, per scopi commerciali. Rinviata di diversi mesi, anche per le proteste di alcuni paesi europei come la Germania, la nuova informativa sulla privacy dovrà essere accettata da tutti gli utenti, pena forti limitazioni che potranno arrivare al blocco di chiamate e messaggi in arrivo, rendendo l’app gradualmente inutilizzabile.

L’accettazione dei nuovi termini potrebbe esporre molti dati personali come: nomi, foto di profilo, aggiornamenti di stato, numeri di telefono ed email in rubrica, indirizzi IP, informazioni tecniche sul proprio dispositivo come marca e modello, versione di sistema operativo e operatore telefonico.

Non è la prima volta che WhatsApp cambia le regole sulla privacy, generando confusione e timori tra i fruitori, in particolare nel mondo aziendale e tra i professionisti.

Privacy WhatsApp: un rischio per le aziende

Secondo una ricerca di marzo 2021 di Veritas Technologies, il 75% dei dipendenti aziendali utilizza WhatsApp o altre app di messaggistica e software di videoconferenza online, e ben il 71% di essi ammette di usarle per inviare informazioni critiche riguardanti l’azienda per cui lavora. “Un dato allarmante,” – commenta il presidente dell’associazione Federprivacy, Nicola Bernardi – “con la pandemia abbiamo riscontrato un forte aumento dell’uso di WhatsApp e delle piattaforme online in ambito lavorativo, e se da una parte le aziende investono per conformarsi al GDPR, la realtà è che in molti casi hanno perso il controllo dei propri dati personali a causa del fatto che molti dipendenti usano le app per trasmettere informazioni confidenziali, preferendo la comodità al rispetto delle policy aziendali”. Il rischio è quindi mettere a rischio informazioni riservate che possono avere un valore incalcolabile, solo perché in azienda si impiegano strumenti sbagliati.

Le altre app di messaggistica gratuite sono davvero più sicure?

La poca trasparenza del messaggio che spinge ad accettare la nuova politica sulla privacy, la cui tutela è sempre meno credibile, ha spinto molte persone e anche aziende alla ricerca di alternative tra le app di messaggistica gratuita: le principali sono Telegram e Signal.
Ma siamo sicuri che migrando verso queste app ci sia davvero maggiore protezione? E soprattutto: possono app gratuite fornire un servizio sempre più complesso e delicato senza utilizzare i preziosi dati degli utenti? È ancora un modello credibile?

Nell’app Telegram la crittografia viene in realtà applicata solo nelle chat segrete, mentre
i dati vengono tracciati e salvati sul server cloud dell’app, che tra l’altro utilizza un sistema di crittografia (MTProto) considerato “debole” dagli esperti del settore.

Il proprietario il miliardario russo Pavel Durov ha dichiarato che per generare ricavi, Telegram potrebbe presto ospitare messaggi pubblicitari.

Signal ha un sistema di crittografia end-to-end simile a WhatsApp, ma non su tutti i livelli, ed esistono modi di aggirare le protezioni. Inoltre, non permette il backup della chat e il trasferimento dei dati ad un altro dispositivo. Si segnala anche per qualche perdita di connessione in assenza di Wi-Fi, e per le funzioni più limitate rispetto alle altre app.

Whatsapp e Privacy: Crypty l’alternativa sicura e italiana

Se non vogliamo condividere i nostri dati personali con le app “gratuite”, che non danno sufficienti garanzie, l’alternativa è utilizzare una soluzione a pagamento che faccia della privacy e della tutela di chi la usa il suo obiettivo principale.

L’app Crypty, da poco rilasciata presso il grande pubblico, è un’ottima soluzione grazie alla cifratura end-to-end a tutti i livelli. La sicurezza risulta blindata: nessun modo di aggirare le protezioni, anche perché Crypty non richiede l’associazione del numero di telefono, né dell’email e garantisce quindi il completo anonimato.

Tutte le informazioni sono inaccessibili e nemmeno gli operatori della società potranno avere accesso ad alcun dato.

Creata in Italia, Crypty rispetta interamente il GDPR, protegge la lista di contatti, permette lo scambio cifrato e sicuro di file, foto e video, e rileva anche l’intrusione di trojan e malware, che sono sempre più veicolati proprio tramite le app di messaggistica. Crypty è davvero una valida alternativa, ma che richiede un costo iniziale: a questo punto dobbiamo chiederci che valore diamo alle informazioni che scambiamo e se siamo disposti a pagare per la privacy.

cta-cybersecurity-digital-workplace